Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII, Santi

Chiedo scusa per questo lunghissimo post, ma avevo proprio bisogno di esprimere questi pensieri

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Tra un paio di giorni la Chiesa cattolica farà ricorso alla sua Tradizione e proclamerà Santi due grandi uomini, molto conosciuti e apprezzati da milioni di persone. Verrà riconosciuta ufficialmente la loro partecipazione alla santità di Dio (unico a essere “santo santo santo”, usando una forma di superlativo assoluto ebraico ascrivibile soltanto a Lui), confermata da una vita minuziosamente scandagliata e riconosciuta allineata ed esemplare (durante i processi di beatificazione e di canonizzazione) e coronata da un miracolo nato dalla Fede, come un suggello del Mistero che è oltre le dinamiche della scienza che noi oggi conosciamo.
Ringrazieremo il Padre per il dono di questi due uomini che hanno segnato il Novecento, che crediamo in compagnia dell’Assoluto, che saranno ancor più vicini alle donne e agli uomini che sentono il bisogno di mediatori qualificati con il Dio dei cristiani. Sarà l’occasione per raccogliere i ricordi di una vita, per rinfrescare le radici della propria ricerca spirituale, per lasciarsi toccare da certi gesti e parole – sentiti in prima persona o tramite testimonianze documentate – che hanno caratterizzato la loro grande fede ed eroicità umana. Giovanni XXIII, il “papa buono” della carezza ai bambini e delle visite agli ospedali e nelle carceri, il papa “di transizione” che ascolta la voce dello Spirito indicendo il Concilio che apre la Chiesa al mondo e le fa riscoprire il Vangelo. Giovanni Paolo II, l’instancabile ed eroico atleta del cattolicesimo, capace di ergersi a bandiera della lotta alle ideologie che sviliscono la piena realizzazione dell’umanità, leader carismatico e determinato in un mondo globalizzato, fautore del dialogo tra le religioni ancorché ancorato alle proprie granitiche certezze, a volte dolci e profondamente umanizzanti, a volte rigide e sferzanti verso l’alterità.
La canonizzazione di questi due uomini non mette tutti d’accordo. Il mondo dell’ecumenismo non può applaudire a una prassi che ci divide dai fratelli delle Chiese riformate (che noi chiamiamo un po’ banalmente “protestanti”). Pare che il cardinal Martini si fosse espresso contro l’opportunità di canonizzare i recenti papi, già estremamente visibili e facilmente legabili a una dottrina che giustamente deve evolversi e accompagnare i tempi delle nuove società, nella radicale fedeltà al messaggio originario del Cristo. L’acclamazione “santo subito” di un gruppo pur nutrito di fedeli al funerale di Wojtyla non rende giustizia alla maggioranza di cristiani che avrebbero voluto necessaria prudenza ed equità (che probabilmente poi ci sono state). Eppure, a mio avviso, questa canonizzazione è una meravigliosa Buona Notizia.
Intanto, con decisione di papa Francesco, questi due uomini molto diversi per temperamento, storia personale e spiritualità, vengono elevati insieme all’onore degli altari. Segno inequivocabile delle differenti strade che possono portare alla santità. Giovanni Paolo II, che proclamò un numero di santi e beati superiore all’insieme di quelli proclamati da tutti i suoi predecessori, alla domanda: “Perché tutti questi nuovi santi?” rispose: “Perché ci sono!”. Sì, sono d’accordo. Sono certo che Carol Wojtila come Angelo Roncalli sono (uso l’indicativo appositamente, sulla scorta del nome ebraico di Dio YHWH = Io sono) presso Dio. Ma sono anche certo che presso Dio ci siano tanti altri santi anonimi, le cui virtù spesso sconosciute ai più ricalcano quella immensa frase del Vangelo di Giovanni così poco commentata: “In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi” (14,12). Giovanni Paolo II fu l’icona della volontà indefessa di portare avanti la propria missione nella sofferenza e nella croce. Giovanni XXIII si trovò chiamato a conciliare i due leaders mondiali, l’americano Kennedy e il sovietico Krushev, nel momento storico forse più vicino all’autodistruzione dell’umanità, richiamando il mondo intero al valore supremo della pace “in terris”. Ma quante miriadi di persone hanno realizzato la loro santità nell’umiltà del cammino quotidiano… nella fedeltà e nella dedizione al proprio sposo o alla propria sposa… nel lavoro onesto e qualificato per la costruzione di un mondo migliore… nell’affetto smisurato verso i propri figli, capace di lasciarli andare al momento opportuno… nella forza di impastare fatica e lacrime quotidiane con la consapevolezza di una meta alta e pura… nella capacità di guardare oltre il dolore e la follia rinnovando ogni giorno sentimenti di perdono, per se stessi e per gli altri… Dio non può che gloriarsi della sua creazione, vedendo questi innumerevoli frutti d’Amore. Dio non può che commuoversi di fronte alla grandezza dell’uomo vivente. Dio non può che benedire queste meravigliosi e rigogliosi momenti di Vita, riempiendoli della certezza che possono essere per sempre, presso di Lui.
Ma c’è ancora un aspetto che mi riempie di serenità. E non sembri stonato in questo blog dove ho scelto di parlare in positivo di ogni rivolo di vita. Qualche giorno fa, parlando di Confessione in classe e ricordando papa Francesco che si inginocchia “fuori programma” a un qualsiasi confessionale di S. Pietro, ma pure Giovanni Paolo II che si confessava ogni settimana, qualcuno si è chiesto: “Ma che peccati farà mai un papa?”. Ho risposto che bisognerebbe chiederlo a loro, ma presumibilmente si tratta più che altro di “omissioni”. Il nostro “don Rino” ogni tanto ci diceva nelle lezioni di italiano: “Sbagliano anche i preti a dir Messa”. Abbiamo tutti bisogno di conversione, cioè di imparare a crescere in tanti aspetti della nostra vita, non così limpidi nelle intenzioni e nei risultati d’amore. Non ho nessun dubbio che Carol Wojtyla sia stato un sacerdote speciale, un vescovo coraggioso, un papa formidabile. Ma anche un papa imperfetto. Un papa che – per sua stessa ammissione – non comprese le istanze di mons. Oscar Romero, martire in Salvador perché trovò nello Spirito il coraggio di convertire la sua vita di studioso per farsi carico delle sofferenze del suo popolo. Un papa che fu molto rigido nella teologia morale di fronte alle istanze e alle sfide che la scienza e la tecnologia pongono alle nuove generazioni. Un papa che fu molto attento alla conservazione di un ristretto “deposito della fede”, facendo richiamare con forza alcuni teologi “contaminati” con elementi che non rispettavano la sua visione dottrinale. Quale responsabilità per tutto ciò? Non era forse il suo precipuo compito? E’ probabile. Ma bisognerebbe anche ricordare quell’altra splendida, durissima e spesso dimenticata frase del Vangelo: “Guai anche a voi, (dottori della Legge), che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!” (Mt 11,46). Ho incontrato persone che in lacrime mi raccontavano la sofferenza di una vita, nella spaccatura/divisione (Διάβολος, diabolos, in greco…) che sentivano dentro tra la volontà di amare interamente il proprio sposo/sposa e il desiderio di seguire le indicazioni della Chiesa in materia sessuale, su questioni in cui lo stesso Giovanni Paolo I si era espresso – da cardinale incaricato da Paolo VI di affrontare l’argomento – in modo molto più aperto di quanto fanno i vescovi oggi.
Infine, curiosamente, proprio davanti alla testimonianza di papa Francesco, la grandezza di Carol Wojtyla viene ridimensionata. Più di dieci anni fa, in Polonia, eravamo rimasti allibiti nel vedere statue, vie e monumenti dedicati a un uomo all’epoca vivente. Beh, dà lustro al suo paese, è normale l’affetto della sua gente! Però, nei giorni immediatamente successivi alla sua elezione, anche in Argentina venne subito costruita, sull’onda dell’entusiasmo popolare, una statua di Bergoglio. Ma egli, non appena saputolo, telefonò dando un ordine immediato di rimozione. In poche scelte, forse in nessuna, papa Francesco è stato così celere. Nessun cristiano può essere oggetto di culto, in questo mondo. Sarebbe idolatria. Da quando papa Francesco ha scelto di vivere in 70 metri quadrati, “per motivi psichiatrici”, o di usare una Ford Focus dal valore di mercato di 2000 euro, e il predicatore ufficiale del Vaticano si può osare a incentrare il suo sermone della Settimana santa sull’idolatria del denaro come principale alternativa di Dio (e pensare che Qualcuno duemila anni fa aveva detto una frase lapidaria: “Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza” – Mt 6,24), viene spontaneo chiedersi: e il comportamento dei papi precedenti? Era così evangelico?
Le questioni – e concludo – sono molto più semplici: ognuno di noi è peccatore, ma anche potenzialmente un santo. Nella sua vita ha fatto o sta facendo un cammino. E la santità è provare ogni giorno, ogni istante, in ogni situazione, a lasciare che la Santità di Dio faccia breccia nelle nostre scelte. Per qualcuno questo è un moto naturale. Non penserà mai a Dio, ma Dio opererà attraverso di Lui. Sono i Santi atei, sono – ad esempio – quel Gandhi che Wojtyla ammirerà moltissimo e prenderà ad esempio (anche se Gandhi non era certamente ateo…). Per qualcun altro il cammino di santità sarà un lento cavillare sui propri limiti, un percorso denso di ostacoli, ricadute giornaliere, lunghi periodi di buio. Con la consapevolezza, che fu di San Paolo, di “aver combattuto la buona battaglia” e di “aver conservato la fede” (1 Tim 4,7).
Ecco, quei quattro papi che si troveranno insieme tra due giorni, due probabilmente in carne e ossa, due sicuramente in spirito, sono lo specchio di un’occasione per il mondo di crescere verso la restituzione a Dio di quel che è di Dio: la Bellezza, la Meraviglia, l’Amore di una creazione multiforme, dove nessuno e nulla è perfetto, ma tutto ha un senso, una direzione, e si avvia insieme a noi verso una meta infinitamente più grande e bella di ciò che possiamo vivere ora, che non potremo mai descrivere a parole, perché sarà totalmente piena. “Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà” (1 Cor 13,9-10).
Grazie, Spirito di Dio, per questo dono che ci fa pregustare quella gioia. E che oggi si colora di Speranza.

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